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Io, svizzero che votai alle primarie del PD senza poterlo fare
Primarie del centrosinistra: dall'estero potevano dire la loro solo gli italiani. Ma qualcosa è sfuggito alle verifiche online
di Luca Berti

Correva l’anno del Signore 2012. Era il 25 novembre, una domenica. In Italia imperversava la lotta tra Bersani e Renzi per il posto di segretardio del Partito Democratico. Primarie: più o meno come quelle che recentemente hanno incoronato l’allora sconfitto sindaco di Firenze a capo della sinistra del Bel Paese. Era una domenica, dicevo, e io votai. Ma non avrei potuto. Lo raccontai qualche giorno dopo, il 27 novembre, sulla RegioneTicino.

Ho votato alle primarie del Pd, ma non avrei potuto. Perché tra le poche cose che ho in comune con un cittadino italiano vi sono la lingua e una certa fetta di cultura. Non la cittadinanza, che è svizzera da sempre, almeno a memoria di avi. Un fatto che dovrebbe bastare, regolamento delle primarie alla mano, per non lasciare che io mi esprima su una questione che non mi tocca, visto che vivo in Svizzera.

Eppure tra me e la possibilità  di dire la mia sui cinque candidati del centrosinistra non si sono interposti ostacoli. Giovedì, stuzzicato dal tweet di Renzi che ricordava di iscriversi entro le 20 per poter votare online, mi sono registrato sul sito di Italia Bene Comune quasi per scherzo, giusto per mettere alla prova il sistema anti abusi implementato dalla coalizione. Ho usato i miei veri dati, con tanto di foto della parte frontale dalla carta d’identità svizzera e numero di telefono elvetico. Tutto autentico, nessun trucco, a parte l’aver dovuto dire di essere cittadino italiano iscritto all’Anagrafe italiani residenti all’estero, l’Aire (l’altra opzione che mi si proponeva era quella di essere uno studente o un lavoratore temporaneamente fuori dai confini nazionali, ma in quel caso sarei stato costretto a produrre un certificato supplementare che ovviamente non ho). Ero prontissimo a sentirmi rispondere che dalle verifiche effettuate non risultavo nell’elenco Aire e, quindi, che non avrei potuto prendere parte alla consultazione. “Spiacenti, non è davvero possibile”. Sarebbe stato normale, ma così non è andata.

Sabato 24 alle 12.32 trovo nella casella di posta elettronica il “pin” che dà accesso al voto via web. Domenica ci provo: inserisco il codice a sei cifre e chiamo con il telefonino il numero italiano che mi indicano sullo schermo: serve a certificare che effettivamente mi trovo fuori dai confini italiani. «Ora mi prendono», penso tra me e me. Invece il computer mi mostra i cinque nomi dei candidati più la “scheda bianca”. Scarto quest’ultima: «chissà , magari su quella ci sono meno controlli», e opto per uno degli outsider: non voglio influenzare neanche per sbaglio il già  annunciato testa a testa Bersani-Renzi! Clicco a fianco del nome di Laura Puppato e premo il tasto “vota”.

«È sicuro: ora mi fermano». E invece il meccanismo mi chiede di confermare la scelta. Confermo. “Grazie per aver votato. Sul sito Italia Bene Comune potrai seguire gli scrutini e quindi visionare i risultati delle Primarie 2012 del Centrosinistra”, mi risponde una pagina web altrimenti bianca. Ma come? Dall’estero non potevano esprimersi solo cittadini italiani iscritti all’Aire oppure i cittadini italiani in grado di dimostrare di essere fuori dall’Italia per studio o lavoro?

Chiamo Roma e scopro che è proprio così: «Tutti i 6’400 iscritti al voto elettronico residenti in altri Paesi sono stati controllati a mano, uno ad uno, per accertare che fossero chi dicevano di essere e per verificare il motivo per cui si trovavano fuori dai confini nazionali», mi spiega il responsabile per il coordinamento per le primarie all’estero Eugenio Marino. A circa cento persone non è stata data l’autorizzazione: non avevano allegato una copia del documento d’identità  o non avevano i requisiti necessari».

Sì, ma io ho votato…

«È un errore umano. Chi ha dato l’autorizzazione probabilmente non si è accorto che quello che aveva di fronte non era un documento italiano».

Però la carta d’identità  elvetica è ben diversa da quella italiana…

«Certo, ma magari è stata scambiata per un documento estero di un italiano che lavora in Svizzera. Inoltre esistono italiani con doppia cittadinanza che hanno solo il passaporto del Paese di residenza. In più bisogna pensare che abbiamo comunque dovuto verificare oltre seimila richieste. Il problema è che quando il voto non avviene ai seggi, non c’è mai la certezza che chi si esprime è la persona che ne ha diritto. Nel suo caso, poi, il nome è comunque italiano. A proposito (ride), me lo ripete, che per il ballottaggio la
stralciamo?».

Bene così. Intanto la considerazione da fare è che, nonostante il sistema sia fallace, nemmeno un abuso sistematico su tutti i 5’585 voti provenienti dall’estero via Internet avrebbe potuto influenzare una consultazione che ha coinvolto, globalmente, oltre tre milioni di persone. Tanto meno il mio misero click.

(Foto di copertina: Il Fatto Quotidiano/Flickr – Mario Carlini – Iguana Press/Getty Images, Creative Commons)

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